La Risalita
La risalita meccanizzata di via Bogino.
Ero tra il pubblico presente al Circolo dei Lettori il 16 novembre scorso al convegno dell’Urban Metropolitan Center. Lo ero in qualità di presidente de “La Meridiana” di Rivoli, associazione che ha sempre condannato, giudicandola inutile e costosa, la risalita/ridiscesa (mi si passi la tautologia) meccanizzata del Castello di Rivoli, contro la quale, non scordiamocelo, si espresse l’allora direttrice del Museo d’Arte Contemporanea, Ida Gianelli.
“La Meridiana” fece nel 2005 da levatrice al Comitato Referendario, si, proprio quello delle 5000 firme raccolte tra i cittadini che costrinse il Comune (a proposito Tallone, penultimo sindaco di Rivoli, pare essere stato, come Bucharin, cancellato dalla storia cittadina) al referendum comunale del 2 luglio 2006 , i cui esiti vennero poi seraficamente calpestati dalla Giunta, esempio in negativo di come viene considerata la democrazia nel nostro paese.
Il Comitato Referendario era anch’esso presente all’incontro torinese, anche se stranamente e colpevolmente non invitato, anch’esso come Tallone, al tavolo dei relatori, pur non essendo obbligatorio farlo, ovviamente.
Avrei voluto poter dire la mia o, meglio, sentire il Comitato Referendario poter chiedere spiegazioni all’attuale sindaco Dessì circa la riserva stratosferica in euro dell’impresa costruttrice che pare non voglia chiudere il cantiere prima di aver ricevuto quanto asserisce esserle dovuto per lavori extra (milioni di denaro pubblico da spendere in più!) piuttosto che delle modalità di collaudo o della fruibilità della struttura da parte di portatori di handicap, ma l’attenta e parziale regia, un vero “quadrato svizzero”, lo ha impedito, lasciando tirare le conclusioni all’iniziatore della vicenda Nino Boeti, terz’ultimo sindaco della nostra città, il quale diceva quanto poi riportato in una sua lettera su “Luna Nuova” del 26/11, e cioè che tutti erano d’accordo, Ghigo e Forza Italia compresi, che il 67% degli elettori aveva santificato quel progetto alle comunali del 2004, che solo successivamente personalismi di politici frustrati avevano innescato l’opposizione ma diceva anche che, con il senno del poi, forse non avrebbe avviato la realizzazione dell’opera.
Patrizio Romano su “La Stampa” l’indomani titolava in modo inequivocabile, riportando l’outing di Boeti: “La risalita? E’ un disastro. Oggi non la costruirei più” e concludeva l’articolo con l’inaspettata staffilata dell’arch. Bruno, lui presente tra i relatori “ …. (la risalita) non serve a nulla… e poi i costi di gestione ricadranno sui sindaci a venire…”.
Ecco, appunto l’arch. Bruno. L’incontro di via Bogino voleva essere chiaramente autoreferenziale, con l’ obiettivo della mera autopromozione appunto del pool di architetti, tra cui un ex assessore, gongolanti per una nomination ad un non meglio definito riconoscimento europeo al progetto rivolese (il bulgaro Bondi questa volta non c’entra), che certo non si aspettavano la spietata e lucida requisitoria di Andrea Bruno, Gulliver tra lillipuziani .
Non mi sono quindi piaciute le valutazioni “castali” di Nino del tipo “cane non mangia cane” riferiti al “padre” del Castello restaurato, un “Rex” giustizialista che aveva osato“azzannare” il suo omologo l’austriaco. Eppure la critica e il confronto sono il sale della democrazia, ce lo diciamo tutti in ogni occasione!
Critica e confronto che in via Bogino si sono sentiti a metà. Resta da una parte il rammarico per l’ennesimo sfregio inferto alle espressioni vere di partecipazione democratica – quali sono le associazioni e i comitati – attenuato dalla soddisfazione che in qualche maniera si siano alla fine meglio contestualizzati i fatti.
Nino propone infine di mettere la parola fine ad una vicenda che si trascina da troppo tempo. E’ giusto, questa storia non dovrà diventare una Guerra-dei-Trent’anni-del-terzo-millenio in salsa pedemontana. Dovrà scriversi prima o poi la parola fine sia sul manufatto, da terminare, collaudare e provare a mettere comunque in funzione, che sulla polemica. Ma in queste vicende sono sempre i cittadini-contribuenti a sopportare il peso delle scelte, talvolta improvvide dei loro rappresentanti.
E’ mai possibile che questo non debba mai comportare prezzi politici? Sento già l’obiezione: ma sono i cittadini che poi giudicano con il voto (nel caso nostro il citato 67%), libero e segreto. E’ vero, dobbiamo mazzinianamente inchinarci sempre al popolo sovrano. Come dice Berlusconi , che si appresta a festeggiare, ad Arcore ovviamente, il suo “ventennale” di potere assoluto, è il popolo l’ unico suo vero giudice, tutto il resto (costituzione, separazione rigida dei poteri in primis, sobrietà ed equilibrio nelle scelte) è pleonastico. Questo pericolo insito nella democrazia – la dittatura della maggioranza – fu colto quasi 200 anni fa Toqueville, ma questa è un’altra pagina.
Carlo Zorzi
Presidente de “La Meridiana”
Rivoli, 27 novembre 2010