Giorno del Ricordo 2021
Le stelle allineate del #giornodelricordoRicordo
Bisogna sempre parlare di memorie, al plurale
Non di odio abbiamo bisogno ma di pace e tolleranza, e di conoscenza, affinché anche le vittime innocenti nelle foibe non siano morte invano.
Il merito primigenio della ricorrenza del 10 febbraio “Il Giorno del Ricordo” va ad alcuni deputati di Alleanza nazionale, tra i quali Gianfranco Fini, Mirko Tremaglia e Maurizio Gasparri che presentarono alla Camera dei Deputati in data 11 luglio 1995 il progetto di legge “Concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”. L’iter legislativo fu particolarmente lungo ed elaborato, il testo rivisto in più occasioni finché il 30 marzo 2004 venne approvata, pressoché all’unanimità, la legge n. 92 , pubblicata sulla G.U. N. 86 del 13 aprile 2004.
Parlare oggi in modo non fazioso delle foibe istriane e slovene non è facile, se il tema, doloroso, non trova una sua collocazione nel contesto storico in cui i fatti , terribili, si svolsero. Fu di certo una vendetta contro gli italiani equiparati, in quanto tali, ai fascisti, fu il frutto di un risentimento di lungo periodo. Bisogna sempre parlare di memorie, al plurale, non tralasciando quella, anch’essa dolorosa, degli slavi. Non possiamo dimenticare il ruolo repressivo dell’esercito regio e i campi di concentramento italiani di Gonars, di Arbe, il campo di sterminio della Risiera di San Sabba a Trieste, e la scia di sangue e di odio che questi luoghi di dolore alimentavano nell’animo di sloveni e croati. Le foibe restano indubitatamente una vendetta feroce, consumata contro italiani innocenti e praticata con tracotanza dall’esercito comunista titino , ma non dimentichiamo mai il contesto.
Sui numeri degli infoibati non si hanno certezze, pare che comunque fossero anch’essi nell’ordine delle migliaia.
Un abominio.
L’esodo, poi, di 2-3 centomila italiani dall’Istria fu un ulteriore ferita inferta ad una popolazione inerme e pacifica, con tutte le successive difficoltà di reinserimento nella nostra, sempre matrigna, patria.
Dal 2005 il Giorno del Ricordo è una solennità civile nazionale italiana , celebrata come sappiamo.
Quello che forse non tutti sanno è che dal 1993 al 2001 operò una Commissione italo–slovena: per una storia condivisa, costituita da studiosi di specchiato valore culturale e morale e onestà intellettuale. Su tutti ricordiamo Fulvio Tomizza, scrittore “di frontiera” immenso, che morì purtroppo prima che la commissione terminasse i suoi lavori. Il rapporto finale non venne mai pubblicato ufficialmente e questo per il veto dei Governi italiano e sloveno ( vedi Francesco Alberti, Corriere della Sera 4.4.2001). Ma la relazione oggi è a disposizione di chi la voglia leggere con occhio libero da pregiudizi. Si parte da lontano, da fine Ottocento e poi dagli anni ’20 del Novecento, dalla brutale politica repressiva dei fascisti finalizzata alla “bonifica etnica” della regione , per arrivare, dal 1943 alla feroce risposta dei partigiani prima e poi dell’esercito comunista ai danni degli italiani e più avanti alla deportazione di militari e civili in campi di prigionia voluta dalla violenza di stato di Tito. La causa dell’ esodo fu anch’essa dovuta, come riporta la relazione, ad un regime (quello di Tito) di natura totalitaria, che impediva la libera espressione dell’identità nazionale.
Passerà alla storia l’incontro avvenuto il 13 luglio 2020 tra il presidente Sergio Mattarella e il suo omologo Borut Pahor. La storia non si cancella, serve responsabilità , hanno detto. Mano nella mano hanno reso omaggio, a Trieste, dinanzi alla foiba di Basovizza e nel luogo ove sorgeva il Narodni Dom, sede e simbolo della comunità slovena del capoluogo giuliano, distrutto barbaramente dai fascisti il 13 luglio 1920, preludio tragico alla “fascistizzazione” della regione. Dichiarò poi il presidente Pahor . “Oggi abbiamo allineato tutte le stelle”.
Non di odio abbiamo bisogno ma di pace e tolleranza, e di conoscenza, affinché anche le vittime innocenti nelle foibe non siano morte invano.
Relazione della Commissione mista storico-culturale italo slovena
Articolo Corriere della Sera 4.4.2001
