Minotauro , palme e zone grigie
Minotauro
Le palme di Leonardo Sciascia
“L’innalzamento della linea della palma”. Con questa bruciante metafora Leonardo Sciascia evidenziava l’invasione mafiosa nel nord Italia, Piemonte, Torino e provincia compresi. Giancarlo Caselli lo ha ricordato venerdì 13 giugno 2014 al Centro congressi del Comune di Rivoli in occasione della presentazione dell’Osservatorio antimafia. La zona grigia dei rapporti tra la ‘ndrangheta e personaggi importanti delle istituzioni (parlamentari, amministratori locali, funzionari pubblici) sta alla base del radicamento di gangli di questa ed altre organizzazioni criminali, come dimostrato nel processo seguito all’operazione “Minotauro”.
Politica latitante nella lotta alla mafia
” Lo Spiffero” 26 Giugno 2013,
Dura requisitoria di Caselli al processo Minotauro: “La magistratura è lasciata sola, nell’indifferenza generale”. Anche in Piemonte la criminalità organizzata è una realtà che prospera in quella “zona grigia” nelle istituzioni
“C’è una scarsissima sensibilità di gran parte del ceto politico e intellettuale verso un’emergenza che ha talmente attecchito nel territorio che non può essere più considerata un’emergenza ma è diventata una realtà radicata”. Lo ha detto il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, che questa mattina nell’aula bunker del carcere di Torino ha preso la parola nel processo Minotauro, contro la ‘ndrangheta nel Torinese. Il procuratore ha parlato di “diffusa mancanza di consapevolezza anche in Piemonte” e ha sottolineato che nella lotta alla mafia “la magistratura è stata lasciata sola. Le porte per la ‘ndrangheta al nord – ha detto Caselli – sono rimaste spalancate e se ne è favorito l’insediamento”. Caselli ha ricordato come l’organizzazione criminale esista in Piemonte da oltre 30 anni, e che proprio in provincia di Torino, a Bardonecchia, ci sia stato il primo comune sciolto per mafia. “Quello che l’accusa vuole dimostrare – ha spiegato il procuratore – è lo specifico dell’associazione mafiosa, l’intreccio tra gangsterismo e relazioni esterne, coperture e complicità derivanti dal reticolo di interesse mafioso”.
LEGAMI PERICOLOSI – «C’è una zona grigia formata da fiancheggiatori più o meno consapevoli del profilo criminale dei loro interlocutori. Si infittiscono gli intrecci delle organizzazioni mafiose con pezzi di mondo politico e colletti bianchi”, ha proseguito Caselli nella sua requisitoria: “In Minotauro è evidente che l’organizzazione ha cercato di penetrare la politica e le amministrazioni: anche se non c’è sangue nelle strade, anche se c’è “solo” l’associazione. Ma il 416bis punisce proprio l’associazione mafiosa». La mafia c’è «perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono tanti che hanno interesse, personaggi che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo», ha detto ricordando i nomi di politici che, anche se non sono imputati, hanno avuto in qualche modo a che fare con personaggi secondo il magistrato “evidentemente” poco limpidi. Caselli ha nominato Fabrizio Bertot (ex sindaco Rivarolo e parlamentare europeo), l’ex parlamentare Idv Gaetano Porcino e il figlio Giovanni, Nino Boeti (Pd) e Mimmo Lucà (Pd), l’assessore all’Istruzione di Alpignano, Carmelo Trombi e il sindaco di Ciriè Francesco Brizio, oltre all’assessore regionale al Lavoro, Claudia Porchietto. «Esponenti di spicco del mondo politico-amministrativo – ha sottolineato Caselli – che comunque negano di aver saputo o intuito alcunché su questi personaggi». Secondo il procuratore «il dilagare del grigio rende l’intervento della magistratura sempre più difficile perché sempre più sfumata diventa la linea di demarcazione tra lecito e illecito nelle attività. Non bastano i magistrati, c’è bisogno che tutti – ha rilevato Caselli – anche e soprattutto la politica e classe dirigenti, si schierino e operino nella stessa direzione per togliere spazio alla criminalità».